Il caffè è stato fonte di ispirazione per tantissimi artisti di diverse epoche storiche. Scopriamo insieme la storia dei più illustri nomi che si sono lasciati ammaliare dal gusto della bevanda
"A parte la filosofia non conosco un propellente del cervello migliore degli scacchi e del caffè".
(Jean Paul)
Considerato la bevanda del diavolo fino a quando papa Clemente VIII nel Cinquecento non decise, dopo averla assaggiata e trovata deliziosa, di tenerla a battesimo per purificarla dalle sue origini musulmane, il caffè è stato, complice l’alone di misteriosa energia che aleggiava intorno alla sua provenienza, protagonista di numerose leggende e fonte di ispirazione per tantissimi artisti, letterati e musicisti di diverse epoche storiche.
Gli effetti benefici della caffeina su corpo e mente sono ben noti ai suoi abituali consumatori: ne abbiamo parlato in questo articolo del nostro blog dedicato ai 5 benefici del caffè amaro. Quello che molti non sanno però è che le sue caratteristiche rinvigorenti hanno reso il caffè caro a tanti artisti e scrittori, che ne hanno fatto una vera e propria fonte di ispirazione inesauribile per i loro versi e componimenti.
Scopriamo insieme le storie degli illustri artisti che si sono lasciati sedurre dall’aroma inebriante della nera bevanda e che hanno celebrato il caffè nella loro arte.
Il caffè nella letteratura: da Balzac a Voltaire
"Divino caffè il cui gusto rimane tutto il giorno in bocca".
Arthur Rimbaud
Il caffè ha il potere di stimolare il cervello e attivare l’intelligenza e la capacità critica: per questo molti intellettuali, soprattutto illuministi, lo hanno amato. Ma sono due i pensatori che oggi definiremmo addicted, la cui storia d’amore - tormentato - con il caffè vale la pena di raccontare.
Voltaire e Balzac furono letteralmente ossessionati dal caffè: entrambi assidui frequentatori del celebre Cafè Procope, si racconta che ne bevessero dalle 50 alle 70 tazze al giorno traendone, più che l’ispirazione, la lucidità mentale per portare avanti l’arduo lavoro di scrittura.
"Bevo quaranta caffè al giorno per essere ben sveglio e pensare, pensare, pensare a come poter combattere i tiranni e gli imbecilli".
Voltaire
Balzac prendeva il caffè rigorosamente senza zucchero e senza latte, e amava una particolare miscela, molto forte e densa: una specie di caffè turco.
Si calcola che nel corso della stesura della Comédie Humaine, che gli impegnò quasi vent’anni, ne abbia consumate circa 50mila tazze. Ma ad ossessionarlo era la preparazione del caffè, alla quale provvedeva personalmente, in una caffettiera di Limoges con le sue iniziali che tutt’oggi è possibile ammirare in quella che fu la sua dimora parigina dal 1840 al 1847.
Nel suo Traité des excitants modernes Balzac descrive così gli effetti del caffè:
"Le idee marciano come battaglioni di un’armata verso un leggendario campo di battaglia, e la battaglia infuria. Le memorie caricano, con alti vessilli scintillanti; la cavalleria della metafora dispiega un galoppo magnifico; i bersaglieri sparano a vista; forme, ombre e personaggi si impennano; la carta si riempie di inchiostro: inizia il lavoro notturno che termina con fiumi di acqua nera dopo che la battaglia è stata aperta da quella nera polvere".
Entrambi gli intellettuali erano consapevoli anche degli effetti nocivi di un consumo tanto smodato di caffè sul loro organismo: Voltaire lo definì un “veleno”mentre Balzac lo ritenne responsabile di alcuni suoi comportamenti bellicosi. Nessuno dei due tuttavia riuscì a guarire dalla propria dipendenza dal caffè, e se è vero che Balzac morì relativamente giovane a causa di problemi cardiaci, è altrettanto vero che Voltaire visse serenamente fino agli ottant’anni, conservando la sua passione per il rito quotidiano caffè.
Bach, Beethoven e il caffè nella musica
"Il caffè è il balsamo del cuore e dello spirito".
Giuseppe Verdi
Il caffè è musica per il palato: lo sapevano bene due tra i compositori più celebri di tutti i tempi, per i quali la nera bevanda fu una vera e propria musa ispiratrice della loro musica: J.S. Bach e Ludwig van Beethoven.
Beethoven probabilmente deve parte della sua genialità alle capacità analitiche e di concentrazione fornitegli dal consumo quotidiano e rigoroso delle sue tazze di caffè, che preparava personalmente ogni giorno, sempre alla stessa ora e nello stesso modo, in una caffettiera di vetro, contando scrupolosamente 60 chicchi di caffè, né uno di più né uno di meno, per assicurarsi che la bevanda avesse sempre la stessa intensità.
Assiduo frequentatore del caffè Zimmerman di Lipsia, Bach adorò la bevanda dal gusto “più amabile di mille baci, più soave del moscato” al punto da dedicarle una delle sue opere. La “Cantata del Caffè” racconta le vicissitudini della giovane protagonista, Aria, alla quale un padre severo proibisce di bere caffè, e ci regala allo stesso tempo un trattato in forma musicale sui buoni motivi per i quali bisognerebbe consumare ogni giorno svariati caffè.
Altri illustri amanti del caffè
"In un caffè ho trovato me stesso".
Cesare Pavese
Gli artisti finora citati sono indubbiamente quelli che con il caffè hanno intessuto relazioni più strette e passionali, ma la schiera degli amatori non si ferma certo a loro: Montesquieu era un assiduo frequentatore dei caffè parigini dove, grazie agli effetti tonificanti della bevanda, si poteva far nascere “piani giganteschi, sogni utopistici e congiure anarchiche” senza lasciare la propria sedia.
Secondo Montesquieu “il caffè ha la facoltà di indurre gli imbecilli ad agire assennatamente”. Dello stesso avviso era anche il filosofo James McKintosh, che definiva il “potere della mente di un uomo direttamente proporzionale alla quantità di caffè che beve”. Anche Soren Kierkegaard beveva abitualmente caffè durante il lavoro, tanto da avere ben 50 tazze dedicate al consumo della bevanda, che addolciva con una massiccia dose di zucchero.
In tempi più moderni, da David Lynch, che ne beve dai 4 agli 8 al giorno, abbondantemente zuccherati, a David Letterman, che attribuisce al caffè il merito di conferirgli una “personalità identificabile”, il caffè non smette di fare proseliti; ma è in un luogo ben preciso del mondo che il legame tra arte e caffè si è espresso nella sua forma più sublime.
Napoli e il caffè: una storia d’amore secolare
"Quando io morirò, tu portami il caffè, e vedrai che io resuscito come Lazzaro".
Eduardo De Filippo
La passione dei napoletani per il caffè dura da secoli: tra tutti i popoli, i napoletani sono forse coloro che meglio hanno saputo integrare il caffè nelle loro tradizioni, diventando maestri nell’arte della preparazione dell’espresso napoletano e trasformandolo in un vero e proprio vessillo dell’essere napoletani.
“A riempire una stanza basta una caffettiera sul fuoco”, scrive Erri De Luca: il rito del caffè a Napoli diventa simbolo di una convivialità trasversale, che scavalca le differenze sociali e le generazioni e accomuna ricchi e poveri, fortunati e sfortunati, giovani e vecchi, in una solidarietà e in una fratellanza senza confini, tipica dello spirito partenopeo.
Totò, Pino Daniele, Luciano De Crescenzo, Massimo Troisi: non c’è un artista napoletano che non abbia omaggiato la bevanda decantandone i pregi e gli effetti benefici. Dell’amore secolare tra i napoletani e il caffè abbiamo scritto in questo articolo.
E, benché nel titolo di un suo celebre film Troisi affermi che “il caffè lo rende nervoso”, non c’è malumore che tenga davanti a una fumante tazzulella ‘e cafè: perché non c’è luogo migliore dove condividere le gioie e i dolori della vita quotidiana che davanti a una bella tazza di espresso nero e bollente.
Che ne pensi?
Se l'articolo ti è piaciuto condividilo!